Morto Franco Battiato: breve storia della nostra collaborazione

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Arrivai a Parigi, alla fine degli anni ’90, in una nuvolosa mattinata primaverile. Avevo, all’epoca, 36 anni, ero ancora un giovane baldanzoso e con tanta voglia di vivere.

Mi accolse Paolo Quaregna, il regista del film “Dancing North” e mi sistemò in albergo. La mattina dopo dovevamo presentarci agli Studio Plus XXX ( che sta per 30, in numeri latini) per incontrare Franco, che stava registrando l’album “L’imboscata“: mai titolo fu più profetico per il proseguìo della mia avventura parigina.

Avevo il pomeriggio a disposizione, quindi mi catapultai in centro Parigi, per vivere la città come dio comanda: Parigi è un luogo cosmopolita, pieno di opportunità.

Mi sedetti in un bar di St. Denis, un quartiere malfamato  della capitale francese: volevo sperimentare la parte oscura di Parigi, non quella dei musei o delle chiese.

Notai una ragazza marocchina, sui 25 anni, carina ma non troppo, che stava bevendo una birra, per conto suo.

Dopo 10 minuti si beveva insieme la seconda birra, e tutto mi diceva che la nostra giornata sarebbe finita come da copione.

A suon di birre mi risvegliai sul bancone di un bar a Nord di Parigi, con  una ragazza  che tentava, da mezz’ora, di risvegliarmi:

“Tout va bien, Giorgio!”

Sticazzi!  E tu chi sei? Dov’era la marocchina? Non va bene proprio niente!

Fu l’ultima delle mie sbronze colossali (sono astemio da 17 anni). Ho un buco di circa 6 ore nella mia vita: non so cosa ho fatto, dove sono andato, con chi sono stato.

Stavo malissimo e mi accorsi che non avevo più il portafoglio:

per essere una giornata all’insegna del rilassamento, stava andando proprio bene!

Uscii da quel luogo fumoso e nauseabondo per respirare un po’ d’aria. Vomitai anche l’anima. La mezzanotte era passata da circa un’ora, la metrò era ferma a quell’ora e in ogni caso ero senza soldi, non restava che incamminarsi verso l’albergo, ma non avevo nessuna idea su che direzione prendere per arrivare al quartiere latino, dove alloggiavo.

Tra un’indicazione  e l’altra, giunsi infine a destinazione, alle sette di mattina, dopo aver attraversato mezza Parigi a piedi, con un mantra ossessionante che risuonava, alternandosi al rumore dei passi, nella mia testa:

” Sei un gran coglione!”

Neanche il tempo di riposare le mie gambe stanche che Paolo mi fece chiamare dalla reception.

Mi guardò come se avesse visto un cadavere, ma non fece commenti.

Arrivammo in anticipo all’appuntamento, Franco ci accolse in regia, perché voleva seguire la registrazione di un quartetto d’archi. Erano “Il Nuovo Quartetto Italiano“, e ripetevano takes su takes, fino alla nausea: Franco non era mai soddisfatto.

Giunse l’ora del pranzo e ci accomodammo nella zona dello studio dove si  mangiava, Una telecamera a circuito chiuso riprendeva quello che succedeva in sala, il quartetto d’archi era ancora li che suonava, con Battiato che continuava a dare indicazioni, tra un boccone di couscous vegetariano e l’altro.

Mi ritrovai  curiosamente al posto del capotavola, alla mia destra Franco, accanto a lui Paolo. Alla mia sinistra il poeta, filosofo e paroliere Manlio Sgalambro, poi Lindo Ferretti, leader dei C.S.I., che doveva cantare la canzone “..ein Tag aus dem Leben des kleinen Johannes”.

Discutemmo sulla  musica che avevo preparato per il film, ed  ottenni l’approvazione incondizionata di  Franco ma, appena gli parlai di Gurdjieff, i suoi occhi si illuminarono e il resto del mondo scomparve, persino il povero quartetto d’archi, che ravanava sulle corde da 4 ore abbondanti.

Volevamo andare a vedere quello che restava del Prieuré di Fointainebleau, a circa 70 Km di distanza da Parigi,  dove Georges I. Gurdjieff aveva fondato il suo “Istituto per lo sviluppo armonico dell’Uomo“, negli anni trenta, ma il tempo tiranno non ce lo permise.

All’epoca fumavo, e Lindo Ferretti mi offrì una Marlboro rossa: ero senza soldi e con lo stomaco ancora devastato.

Riuscii  a rientrare a casa con mezzi di fortuna; il regista era arrabbiato con me per non aver approfondito il discorso musicale del film: quando c’è di mezzo Gurdjieff, tutto il resto perde di importanza.

La pensava cosi anche Franco Battiato, che aveva fondato una casa editrice, “L’ottava“, dedicata interamente all’esoterismo gurdjieffiano.

Ci rivedemmo qualche mese dopo, ad un concerto pomeridiano, a Milano, in una discoteca, (ero li anche per sentire Saturnino, il bassista di Jovannotti, che stava collaborando ad un disco prodotto da noi dello studio Aereostella) ,  e si ricordò della promessa di visitare Il Prieuré, ma l’occasione non si presentò più.

RIP, Franco.

 

Il contenuto di questo articolo è stato redatto da qualche tempo, nel frattempo le circostanze possono essere cambiate.
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