Cover “Cool Kids”- Echosmith

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Dalle velleità di docente alternativo di pianoforte e creatività musicale ad una cover di una canzone banalotta (per i più, non per me, poi spiegherò il perché): cosa è successo?

Anni fa consideravo il brano “Sidewinder” dei Turtle Island  String Quartet come una magnifica digressione goliardica che ristorava  dalla noia di un repertorio classico  trito e ritrito, anacronistico. Immaginavo quattro professori d’orchestra, magari con una propensione condivisa all’ebbrezza alcolica che, nelle pause concesse da  un qualsiasi tirannico clone d’oltreoceano di Riccardo Muti  (sono finiti i tempi di Leonard Bernstein con il suo modo curioso, intelligente e creativo sia di approcciare le monumentali opere sinfoniche classiche che di trasmettere la passione della musica alle nuove generazioni che non ha eguali nella storia, forse solo l’immenso Daniel Barenboim gli si avvicina, di qualche Km.) si rigeneravano improvvisando un blues colto e viscerale (come certi assoli del violino che sembrano veramente delle rumorose torsioni dell’intestino tenue) unendo perizia tecnica alla sana improvvisazione (cosa peraltro impraticabile dal 90% dei diplomati -o laureati- del Conservatorio, almeno in Italia… che devono mettersi a studiare per improvvisare, una fatto cosi paradossale da eguagliare le aberranti scuole di poesia di baricchiana memoria).

Ebbene, quei quattro professori d’orchestra finalmente liberavano la loro anima secolarizzata, lasciandosi andare al flusso della vita musicale contingente accettandola per come è, senza filtri, limiti, preconcetti se non quelli dettati dal “Santo Divertimento“.

Ecco cosa mi è successo, nel fare la cover degli Echosmith: sono entrato in quel mood fanciullesco ed istintivo di introiettare e rielaborare la musica per liberare il mio lato spensierato di musicista, in un perimetro squisitamente privato e personale dove ognuno è libero  di attribuire alla musica il valore che vuole, fottendosene altamente del giudizio altrui.

Raccontavo questo l’altro giorno a Livia Taruffi, che è sempre così generosa da prestarsi anche a questa operazione che gratifica solo me, per i motivi già detti. Stringendo i denti, mi ha retto il gioco, e le sono immensamente grato perché a me questo brano piace tanto. Lo ascoltai la prima volta dopo aver fatto una monografia musicale in cui suonai l’integrale delle Gimnopedie di Erik Satie, in un concerto privato. Dopo l’esibizione, andai a cenare con degli amici e su un  maxi-schermo del locale sentii questo brano; rimasi imbambolato dalla meraviglia, per ragioni a me sconosciute.

Forse proprio nel mistero di questi fenomeni si cela la magia della musica, quando se ne parla liberamente, spogliandosi dei propri ruoli e delle proprie (false) identificazioni.

RIVENDICO IL DIRITTO DI DARE IL PEGGIO DI SE!

Ma andiamo nel concreto: ecco il brano “Sidewinder” in tutta la sua magnificenza…

…e la ben più modesta (mia) performance con la cover del brano più famoso degli Echosmith (quando non suono il mio strumento principale, iniziative del genere aiutano a tenersi allenati).

E’ lassativa, questa operazione? Me ne fotto ed è difficilmente calcolabile  la vastità della mia “fottitudine”, io mi sono divertito.

 

Il contenuto di questo articolo è stato redatto da qualche tempo, nel frattempo le circostanze possono essere cambiate.
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