Le certezze della vita

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Si parte miopi intellettualmente e si arriva miopi fisicamente quindi, per un verso o per l’altro, si continua a vedere il mondo senza focalizzare. Per questo sulle cose si possono avere o condividere solo opinioni. Nessuna certezza all’orizzonte, se va bene si è certi solo dei brufoli sul proprio retorico naso.

Analizzando il percorso della mia auto(d)istruzione (escludendo i doverosi obblighi scolastici e poco altro in ambito musicale) constato che non ho potuto fare a meno di avvalermi dei pensieri altrui. Con riserva di rielaborazione ( per questo non amo le citazioni) , per essere informato sui fatti -presunti e non – e per confrontare le mie deduzioni empiriche.

La mia intima convinzione è sempre stata questa: il sapere disgiunto dal fare è sterile. Il “saper fare” è la quadratura del cerchio.  Ogni cosa è in rapporto dinamico con il resto, a ben guardare ( miope). Anche il pensare. Bisogna quindi saper pensare correttamente se si ama la qualità, cosi come per ottenere le “giuste” risposte bisogna porre le giuste domande.

Se si fa senza sapere non si sa cosa si fa.

La Conoscenza non può prescindere da un soggetto “che conosce” e un oggetto “che viene conosciuto”.  Spesso e volentieri il soggetto non è consapevole neanche di se stesso come entità “conoscente” : quindi il punto di partenza è l’auto-conoscenza.

Ecco un breve estratto dal mio libro “Il ridondante e la sua (pen)ombra” ( 1996) …dove si parla un po di questi stravaganti argomenti.

Primo dialogo

(… il ridondante vede la sua (pen)ombra …)

 Perché vuoi parlare con me ?

…boh…

Sembri preoccupato ...

Non posso non esserlo … Sai cos’é la tranquillità ? E’ assenza di dubbio, ma finché non si conosce tutto é impossibile cessare di dubitare: ad ogni passo sulla via della Conoscenza nascono nuove implicazioni, nuove relazioni.

Chi conosce e cosa viene conosciuto ? Perché la parola “perché” può essere utilizzata sia per la domanda che per la risposta?

Qualsiasi domanda si ponga, di qualsiasi genere essa sia, se spinta dalle possibili risposte alle sue estreme conclusioni, porta al baratro buio del mistero della nascita della Domanda: per quanto ne sappiamo, l’uomo é l’unico essere vivente la cui evoluzione é l’ambiguo risultato di un punto interrogativo, che può contenere in sé il dubbio e/o la volontà di superamento di una condizione. Il punto interrogativo é uno stato mentale, non un geroglifico. Se traduco il punto interrogativo con la parola “perché”, vedo che il significato recondito della sua frequente ‘doppia’ presenza, nella domanda e nella risposta, é nella constatazione, o nella relatività della constatazione. Prendo un vecchio esempio : una cosa é tale in relazione a ciò che non é, oppure, le é speculare: questo é il circolo vizioso, il dramma del considerare. Forse l’arcano può essere svelato dalle scienze matematiche, ma dubito che il risultato abbia una valenza oggettiva. Una soluzione provvisoria del problema é proclamare, con religiosa solennità e la complicità di un libro Zen : chi se ne frega!

Io invece cerco il dialogo perché l’impulso a separare le idee da me é più forte della mia attitudine alla neghittosità.

Bisogna penetrare il mistero dell’energia-pensiero che tende ad organizzarsi, a produrre idee.

Il pensiero che si pensa. Il pensiero é una funzione ? Chi pensa e cosa é pensato?

Domanda posta male . A chi porla, poi ? Che farsene dell’esperienza altrui ? Diffida di chi ti descrive. Il Quotidiano sia il tuo Maestro.

Il Quotidiano é sofferenza. Questo mi dice la mia esperienza.

Vivi , imparando a conoscere la legge dello Spazio e del Tempo.

E in cosa consisterebbe questa legge ?

Ogni cosa, così come ogni individuo, ha il proprio spazio e il proprio tempo. Sei qui, ieri eri come eri, oggi sei come sei, domani sarai come sarai, o non sarai affatto. E’ la vita che ti possiede, non sei tu che possiedi la vita, puoi solo decidere di essere o non essere il Testimone di questo meraviglioso evento.

A proposito di (pen)ombre, senti questa : un certo Ermete, detto “Trismegisto”, aveva la febbre ed era “fuori” per questo. Ma fuori nevicava. Dalla strada gli amici lo chiamavano, ma Ermete non poteva uscire, quella sera.

“Al diavolo ! Andate via ! Smettetela di torturarmi !” sbraitava con un filo di voce, gesticolando alla finestra come un mercante orientale.

“Non voglio morire di polmonite a sedici anni!”

Il vociare bitonale si affievolì: la marmaglia era andata alla locanda a bere birra. Poi, all’improvviso, come partorita dalla nebbia, apparve un’ombra, un’ombra avvolta da una sciarpa rossa. Sfiorava la neve, lasciandola immacolata. Sembrava seguire una direzione precisa ma sotto le finestre dell’ammalato, l’incedere s’arrestò.

Trismegisto finse di non notare l’inquietante presenza e continuò a scrutare il niente ectoplasmico dell’umidità invernale. Secoli che durarono attimi : l’ombra congelata appariva come una statua forgiata dal Mistero. Il divoratore di aspirina pensò ad uno scherzo e si sentì a disagio nei panni della vittima del Santo Divertimento altrui.

Indispettito, salutò quel miraggio sollevando il dito medio della mano sinistra.

L’ombra con la sciarpa rossa riprese la sua strada, scomparendo alla vista dell’ammalato. Dolorose fitte al petto tormentavano il febbricitante.

“Maledetta bronchite!” rantolò, prima di ingurgitare lo sciroppo di gemme di pino. Una civetta urlò la sua disperazione notturna. La neve continuava a cadere.

Poi la Febbre uscì, portando seco la sua vittima, alla ricerca dell’ ombra : Cosa o chi si nascondeva dietro quella sciarpa ? Massacrate monodie gregoriane tentarono una eco naturale ma vennero fortunatamente attutite dall’impietosa condizione metereologica. Ermete camminò per viottoli e sentieri, ma dell’ombra nemmeno l’ombra, senza ombra di dubbio. L’ammalato, sopraffatto dalla bassa temperatura e dall’umidità, perse i sensi, anche quelli di colpa.

Al risveglio, Ermete si ritrovò nella sua stanza, adagiato sul letto, avvolto in una profumata, morbida sciarpa rossa.

Una giovane donna morì quella sera, strangolata. Il caso non fu mai risolto ma si dice che durante gli inverni più rigidi, nelle notti più nebbiose, un’ombra con la sciarpa rossa fluttui leggera sul manto nevoso per poi scomparire ai primi, diurni bagliori…

Tutto fa pensare che l’ombra fosse il fantasma della donna appena uccisa…

Un omicidio ? Non é detto… Forse la donna scivolò a causa della neve e la sciarpa, impigliandosi da qualche parte, la soffocò …

Come si spiega allora che Trismegisto si risvegliò avvolto in quella maledetta sciarpa? E’ lecito ipotizzare che il presunto assassino abbia prima ucciso la sfortunata e poi, trovando fortuitamente Ermete privo di sensi, abbia tentato, con la sciarpa, di fare ricadere la colpa su di lui…

In realtà Ermete non aveva moventi per uccidere. Si mormorava, nel paese, che ci fosse del tenero tra i due. Resta da spiegare come abbia potuto rientrare a casa, nel suo letto, ed anche un altro fatto non mi é chiaro : l’ombra, o meglio il fantasma che si é poi rivelato essere quello della giovane donna, é apparso prima che questa morisse !

Potrebbe non essere stato un fantasma. Ermete é stato ingannato dal suo stato febbrile, dalla nebbia che consentiva una visibilità limitata…

… e poi la vittima era nota per la sua andatura sonnambulica, robotica a causa di una piccola malformazione ad un’anca…

(..da “Il ridondante e la sua (pen)ombra” – Giorgio Negro -1996 )

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Le “certezze” della vita” by Giorgio Negro is licensed under a Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 2.5 Italy License.

Based on a work at www.giorgionegro.eu.

Il contenuto di questo articolo è stato redatto da qualche tempo, nel frattempo le circostanze possono essere cambiate.

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