Gli anni Settanta, fra amenità e capolavori fondamentali: “Seguendo le HIT PARADE italiane” (1976)

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Il 1976 vede, a mio modesto parere, il progressive rock toccare l’apice della sua creatività. Ne parlerò nel dettaglio in altri articoli dedicati, essendo io, figlio (illegittimo) di questo genere musicale, forse il genere che più ha avvicinato le masse alla musica colta. “La classica che incontra il rock e la canzone melodica”, si diceva. Ipotesi non del tutto campata in aria.
Qualche stratosfera sotto, il pop melodico continuava a fare stragi di cuori, di amanti segreti e di portatori sani di corna, in un clima surrettizio perfettamente normale per l’epoca, anzi, lo stesso agiva come forza propulsiva per la trasgressione. Le “feste” nei garage si consolidavano, regalando dei pomeriggi all’insegna della scoperta dei sentimenti e dei “secondi” baci (i primi erano cosa già fatta da almeno due o tre anni). Il lento divenne ben presto l’unico genere musicale ballato in siffatti consessi prodromici e le canzoni più gettonate, alle mie latitudini ma soprattuttto alle mie longitudini, erano:

COME DUE BAMBINI – LA BOTTEGA DELL’ARTE
Brano che inizia con un ostinato di pianoforte, che mette quasi ansia, che ricorda certe reiterate armonizzazioni dei Supertramp, per poi dar spazio a momenti quasi contrappuntistici di chitarre varie, di flauti, di sintetizzatori e dell’immancabile (all’epoca) Solina, strumento elettronico a tastiera dedicato all’imitazione dei suoni degl’archi. Un brano melo-progressive, forsse troppo breve. Ma il testo? Ah già il testo… è la celebrazione di un amore pre-puberale (“niente le rubai”) di due adolescenti che si abbracciano stretti stretti per vincere la paura del passaggio all’età adulta, dove il mattino ti saluta con un “Benvenuto nel mondo reale”.

Un brano con una conclamata e ritmica pulsione di un trionfante Do maj, grattato alla chitarra 12 corde, simile per l’immanenza intenzionale all’ostinato di cui sopra, è:

L’IMMENSO – AMEDEO MINGHI
Quello che diventerà, per me, un insignificante “trottolino amoroso”, ha comunque fatto delle buone cose, prima (e forse anche dopo) di codesto, dignitoso, brano.
Finalmente una canzone, per l’epoca ed escludendo come al solito il cantautorato più nobile, quasi mistica, che inneggia ad una “lei” che è l’incarnazione del “tutto”, che “sa nascondere”, dopo una lunga premessa di magna solitudine. In questa ritmica quasi teutonica delle chitarre, si alternano i colori dei sintetizzatori e degl’archi, sapientemente arrangiati. Una canzone che incantò molti adolescenti, ma che si fa apprezzare ancora oggi come metafora dell’inesorabile incongruenza dell’amore, che vuole dividersi tra cose umane e frammenti del Tutto. Solo frammenti, appunto.
E da una canzone con un Senso, si passa ora al testo più idiota di tutti i tempi.

FLY ROBIN FLY – SILVER CONVENTION
” Vola, Robin vola, in alto fino al cielo” . Fine del testo. Ogni altro minimalismo è dilettantismo. Ecco un esempio del periodo in cui la dance veniva splendidamente suonata da strumenti reali. Il brano inzia con un riff di basso alla “Rockets” e si sviluppa con una forte presenza di archi suonati all’unisono. Onestamente, la parte più interessante è l’inciso strumentale con un liberatorio e svolazzante tema eseguito da una sezione di violini che chiudono spesso le frasi musicali con il caratteristico glissato verso il basso, tipico del periodo. Goliardia “nonsense” al massimo grado, con l’incoscienza (artistica) del divertimento puro. Diametralmente opposta, per eccesso di verbosità, era invece:

THE BEST DISCO IN TOWN – RITCHIE FAMILY
Praticamente una sponsorizzazione di una non ben identificata discoteca di un altrettanto misteriosa città. Ovviamente, per analogia, ogni discoteca di ogni città dove questa canzone veniva riprodotta era quella ideale, l’eletta. Con un tema corale, all’unisono, celebrativo, questa composizione arrivò come un muro di suono ai ballerini di tutto il mondo, in un’esplosione di puro, tribale divertimento. Sintonizzata su questa lunghezza d’onda e, IMHO, ancora più coinvolgente per la sua magica cadenza funky che farebbe muovere anche lo scheletro di un brontosauro:

THAT’S THE WAY (I like it) – KC & THE SUNSHINE BAND
Questo è un brano, fra i tanti, studiato per favorire sinergie sessuali, parlando più all’inconscio che alla ragione, anche a quella del cuore. Muove profondità limbiche, primordiali, preposte all’accoppiamento, di ogni tipo. Anche i bonobo risponderebbero a questi stimoli, non ho il minimo dubbio.
Nonostante ciò, la melodia ha una sua valenza estetica, con un buon vocalizzo inziale, ma la forza travolgente sta
nell’ “ambience” funky così magica, speciale e così irraggiungibile. Del resto Kc & Sunshine Band è stato un gruppo che ha prodotto una serie incredibile di successi planetari, in ragione, molto probabilmente, del loro parlare agli istinti primordiali della psiche umana. A me ha sempre dato un’incontenibile gioia da esprimere con il movimento, ed un piacere emotivo difficilmente descrivibile, a metà strada fra l’estasi e l’auto-annullamento. Ancora adesso, nonostante mi sia appesantito di oltre 25 Kg rispetto ai 55 Kg di peso corporeo dell’epoca, mi metto a fare la “danza dell’ippopotamo ingrifato” per godermi ogni nota e di questo capolavoro (nel suo genere) della musica d’intrattenimento.

Ed infine, come non ricordare:

SAILING – ROD STEWART
Con quella voce roca innestata su una melodia senza tempo, Rod Stewart ha interpretato un inno alla fede, presumibilmente cristiana. Composta nel 1972 dai Sutherland Brothers, balza al successo (in italia nel 1976) grazie al carisma dell’ipertricotico cantante inglese. Nonostante studiassi l’inglese al liceo scientifico, come da prassi consolidata, se mi arrivava prima la melodia, mi disinteressavo totalmente del testo. E ” Sailing” credo sia una canzone che ricordo proprio per questo motivo.

CONCLUSIONE
Ho omesso tanti artisti e tante canzoni che erano in classifica nel 1976, ma gli artisti non menzionati (Lucio Battisti, Le Orme, Antonello Venditti etc etc ..) verranno ripresi in una serie di articoli dedicati agli album COMPLETI, da avere assolutamente nella propria discografia. Tutta quella musica che, dal mio personale punto di vista, ha diritto ad un posto nell’eternità.

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