Facebook, una metafora “abbottiana”

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le-roi-est-nu1-088d2Premesso che non credo esistano VIP (questo pensiero proto-marxista l’ho già espresso altrove, in tempi non sospetti) e se esistono sono tali grazie ad un riconoscimento naturale (gravitas et dignitas), non per autoelezione,

dichiaro,

in data odierna, di provare una leggera nausea leggendo i post della home di facebook.

E’ quel leggero fastidio alla bocca dello stomaco che spesso si tramuta in conato: arriva inaspettato, subdolo, lascia l’amaro gastrico in bocca senza risolvere l’impasse.

Si usa Facebook come estensione della propria identità, quasi sempre per  valorizzarsi (confesso di non fare eccezione, sotto quest’aspetto). Legittimamente, aggiungo… non c’è niente di male nella libera espressione, a condizione di non abusarne.

Con il tempo questa attitudine prende talmente piede che il proprio io digitale ha il sopravvento, creando mostri estemporanei, quindi caduchi: il “re è nudo”.
Si assiste pertanto alla tragedia greca della “Home di Facebook”, spesso torre di babele dei sentimenti esacerbati, agorà del pensiero “usa e getta” dove sfilano grottesche rappresentazioni di ogni ordine e grado.

L’incontro “face to facebook“, quando il non starsi sul culo lo permette, è solitamente l’antidoto per distruggere ogni millantata qualità, laddove l’alter ego binario assuma tragicomicamente contorni sovrumani, irraggiungibili, mesosferici.

flat

 

 

 

Selfies “aifoniani” taroccati  che diventano specchi magici, come quello della regina dei Fratelli Grimm, vampiri delle citazioni che fagocitano qualsiasi pensiero e lo adattano alle proprie transitorie ed improrogabili necessità esistenziali, “bimbiminchia” che postano ogni genere di  boiata esibizionista trovata in rete, convinti che il mondo gira grazie alle imprese stucchevoli e perdendo di vista progetti ben più importanti  riguardanti il benessere dell’intera umanità, intellettuali e succedanei che recitano i loro mantra tentando di renderli appetibili in salsa 3.0 quando il video di un gatto che gioca prende più likes in 10 minuti cronometrati,  et via delirando..

coverFlatlandia” di Edwin Abbott Abbott è ben più di una metafora dei social network e “Flatbook” è l’esempio lampante di come la società tecnologica abbia sviluppato una nuova variante endogena della narcolessia intellettuale.

Questo post è  da (ri)prendere in seria considerazione.

 

Il contenuto di questo articolo è stato redatto da qualche tempo, nel frattempo le circostanze possono essere cambiate.

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