Esbjorn Svensson : un “pianista per caso”

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38a6f26a6e0178cd67a3e98be62dec12L’ho scoperto tardi, il talentuoso pianista svedese Esbjorn Svensson, purtroppo scomparso alla prematura età di 44 anni, nel 2008, per un incidente subacqueo nelle fredde acque dell’arcipelago di Stoccolma.

Ancora una volta si palesa la “musica del nord“, con il suo onnipresente retrogusto malinconico e colpisce per la delicatezza, per la sua dinoccolata introversione, per l’immanenza del “buio” interiore delle latitudini svedesi.

Se è vero che l’ambiente influenza i popoli in generale e a maggior ragione gli artisti, questo trio ne è la evidente dimostrazione.

Come morire a 44 anni. Sembrava quasi lo presentisse, il grandissimo  Esbjorn Svensson, cosi da mettere nella sua musica un’intensità emotiva che prendeva forma anche nel linguaggio del suo corpo, nei contorcimenti, nella mimica facciale.

Un’intensità emotiva che non aveva cadute di tensione, che coinvolgeva lo spettatore, sia quello colto che quell’altro  attento solo alle proprie risonanze viscerali.

Ma veniamo al concerto qui sotto riprodotto. Un plauso alla ripresa sonora, innanzitutto, incredibilmente fedele, attenta alle dinamiche, tersa: un’opera d’arte insomma, che restituisce suoni carezzevoli, a volte aspri ma di un’acredine mai violenta o volgare.

Anche la regia televisiva è puntuale, sa evidenziare e rafforzare la valanga di pathos che questo evento ci regala. “Travolgente delicata onda sonora, sospesa nel tempo…” non trovo parole migliori per questo concerto del 2004, in terra teutonica (Burghausen).

LA SCALETTA

1- Seven Days Of Falling

L’impronta stilistica “circolare” di questo trio risulta evidente già nel primo brano. Il contrabbasso di  Dan BERGLUND ha una linea melodica ridotta all’osso, di un’essenzialità tribale, sostenuta dalle note “liquide” del pianoforte, con temi “intuiti” più che sviluppati. Poi l’immensità di un batterista (Magnus ÖSTRÖM) che suona cesellando, rifinendo, che ha la costante , ossessiva, nobile ed imperativa necessità di valorizzare il vocabolario colto dei due partner. L’assolo finale di contrabbasso (con l’ausilio di un pò di distorsione e di phaser/flanger) trasporta quindi  in un post-punk futuribile, denso di fatalismo, di disperazione annegata nella crepuscolarità nebbiosa dei meriggi nordici, in quei giorni dove non è mai notte e non arriva mai la liberazione dall’oppressione della luce, da quella luce malata perchè apparentemente inesausta.

2- Elevation Of Love

Il secondo brano parte con qualche nota preparata di pianoforte ( feltro, o qualcos’altro atto all’uopo,  tra le corde di qualche strategica nota, per fare l’effetto del suono “stoppato”) sembra quasi una brano “methenyiano” nell’enunciazione del tema, salvo poi superare il pensiero del chitarrista americano per la profondità e per la  lungimirante intenzionalità. Ritorna la sensazione del “girotondo armonico”, su cui srotolare pagine improvvisative di altezza vertiginosa, dove vengono fuori le influenze di un Keith Jarrett sublimato, qui finalmente ascoltabile senza sbadigliare. Ancora un assolo di contrabbasso  distorto (in questo brano francamente non se ne sentiva la necessità) e la ripresa del tema che sfocia su un finale malinconico. Strano, eh ?

3- Definition of a Dog

Assolo/tema di piano iniziale che ricorda il Petrucciani dei tempi migliori, in buona compagnia di Bach, che incomincia a dipanarsi  tra le pieghe del pensiero musicale “svenssoniano”. Il brano scorre, si lascia ascoltare senza intoppi l’assolo (finalmente tradizionale) di contrabbasso, ne approfitta per dire la sua  -e in una maniera molto particolare- anche il batterista Magnus ÖSTRÖM, per poi lasciare spazio ad un mordente pianoforte (nel senso tecnico del termine ), leggermente e volutamente distorto. Le frasi dell’assolo sembrano appunti “morsi di cane” che  per definizione, abbaia, ma morde anche. Il brano prosegue poi con un assolo dall’eloquio sicuro dell’artista che cammina con le proprie gambe, per finire con un accordo maggiore che piu tonale di così non si può. Beethoven ringrazia.

4-  Why She Couldn’t Come

Il brano più sperimentale in assoluto del repertorio, dominato dal pianismo onirico di Esbjorn Svensson . Flanger e distorsione al massimo cosi da simulare un vento interiore, molto simile al fischio ossessivo del blizzard. Molto evocativo con un finale dissonante degno dei feedback di una chitarrista heavy-metal.

5-  Mingle In The Mincing-Machine

Prosegue l’afflato sperimentalista del brano precedente, con un assolo di contrabbasso che sembra ispirato a Jimi Hendrix, mentre il leader del gruppo armeggia con le mani nella cordiera del pianoforte. Anche in questo caso si respirano qua e là riferimenti  methenyiani e il fantasma di Petrucciani ritorna a ridimensionare gli assoli quasi inconcludenti di jarrettiana ispirazione. Ovviamente anche il concetto di reiterazione circolare di armonie o di linee di basso è presente: la coerenza si impone.

6- When God Created The Coffeebreak

Chi ha studiato Bach, non può non sentirne il fortissimo odore, che emana dalla linea di basso della mano sx di Svensson. Il brano prosegue su questo  itinerario obbligato, non si libera dalla direzione iniziale, se non a tratti in cui lo swing “tirato” tradizionale, molto “free”, prende il sopravvento, ma sempre sotto l’egida dell’ostinato bachiano. Bach è veramente ingombrante, ovunque lo si metta, per la rigidità di alcuni schemi. Amatelo, voi che potete.

7-Behind The Yashmak

Brano scelto per il “bis”. Dietro il velo delle donne musulmane. Dopo un’introduzione canonica, ecco il rullante suonato con le dita, quasi a simulare un tamburo esotico. Come uno svedese possa immaginare cosa ci sia dietro un velo di una donna musulmana è quasi un mistero. Infatti il pianoforte prende tangenti tonali più dissonanti ed introduce i quarti di tono con un pianoforte metallicamente preparato. L’andazzo ritmico è tipicamente nord-africano, arabeggiante. Risultato affascinante ma meno aderente alla poetica svenssoniana.

Bene, ho scritto anche troppo. Cari lettori, godetevi questo ottimo jazz di matrice nordica, purtroppo eventi del genere non si ripeteranno più.

RIP dedicato ad un “pianista per caso”, come amava definirsi il grande Esbjorn Svensson.

Per chi vuole saperne di più cliccare qui.

Il contenuto di questo articolo è stato redatto da qualche tempo, nel frattempo le circostanze possono essere cambiate.

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